CARCIOFINI SOTT’OLIO DI PIETRELCINA

Carciofo di Pietrelcina Presidio Slow Food

 

         

10.00

Vesetto 370 gr   IL CARCIOFO DI PIETRELCINA PRESIDIO SLOW FOOD Nel beneventano, in un paesaggio dolce e aperto percorso dal fiume Tammaro, sorge arroccato il borgo medievale di Pietrelcina. Nonostante i terreni siano avari di acque irrigue, Pietrelcina è da sempre conosciuto come borgo agricolo, grazie ad alcune produzioni caratteristiche. Tra le distese di grano e tabacco, ha trovato qui il suo habitat ideale una particolare varietà di carciofo, introdotta intorno al 1840 da un prefetto originario di Bari. I terreni freschi, profondi e ben areati hanno creato le condizioni ottimali per la coltura di questa varietà molto tenera e dal sapore delicato, che oggi rappresenta un prodotto simbolo del borgo. La pianta del carciofo di Pietrelcina è a fusto eretto e può raggiungere anche gli 80 cm di altezza. Il capolino ha brattee verdi e sfumature viola, che si accentua- no ancora di più grazie alla tecnica tradizionale della copertura. Secondo questa tecnica, i coltivatori ricoprono i capolini con le foglie superiori della pianta, in modo che diventino molto più teneri e carnosi, oltre che più colorati. Il capolino centrale (mammarella) si aggira intorno a 10-15 cm di diametro, mentre i capo- lini secondari hanno dimensioni più ridotte. Il carciofo di Pietrelcina si è così adattato alla scarsità di acqua nella zona, da non richiedere nessuna irrigazione aggiuntiva. Gli impianti nascono da sempre dai i germogli prodotti dalla base della pianta, i carducci, gli esemplari migliori, prelevati e trapiantati in campo solitamente a fine settembre. Tutto il lavoro in campo è svolto a mano, dal diserbo estivo alla scarducciatura autunnale e infine alla raccolta, che inizia dalla prima metà di aprile e termina a fine maggio, in base all’andamento climatico delle singole annate. I capolini sono raccolti singolarmente e legati in fasci da 4 o 8 capolini. L’operazione di legatura, detta “ammazzamento” è fatta secondo un procedimento tradizionale: ogni mazzetto è composto da quattro mammarelle, dette anche “cimarole”, legate con dei giunchi, detti “vinchi” in dialetto, che si raccolgono lungo le sponde del vicino fiume Tammaro.


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